20 settembre 2005

Gentlemen, Open Your Senses.....

Sinestesia (cit. da Garzanti: percezione simultanea) Cosa centra con i videogiochi, ma soprattutto cos’è?

Per capire cos’è e di cosa sto cercando di non parlare a vanvera vi rimando prima a questo interessante articolo.

Fatto? Letto? OK!
Leggendolo non potevo rimanere indifferente; chi come me ha avuto il privilegio di vivere l’esperienza di un fantastico “gioco” molto su generis non può non essere attratto da quest’articolo..
Ma procediamo con ordine.
Mi riferisco al gioco “REZ” (uscito nel 2001 sulle console Dreamcast© Sega© e Playstation2© Sony© ) creato dalla software house UGA - United Game Artists - (geniaccio di un Mizuguchi) e pubblicato dalla Sega©. (rimando ad una bella recensione del gioco in rete)
Questo gioco ad una prima superficiale visione potrebbe e sottolineo potrebbe sembrare un insolito sparattutto (avete presente i cabinati con le astronavi in sala giochi?) su binari, in altre parole senza la possibilità di spostare il nostro alter ego virtuale lungo uno dei tre assi, ma solamente potendo ruotare la visuale di 360°.
Il gioco a prima vista appare troppo colorato e al limite del confusionario.



(Immagini dal sito www.gamespot.com)
Dietro tutto questo si nasconde però qualcos’altro di più grande.
L’opera di Mizuguchi, infatti, ha come fine ultimo non tanto il completamento del gioco, cosa a dir poco incredibile e pazzo in un’industria dove il limite tra il tracollo economico e la ricchezza si gioca sul filo del rasoio, quanto la creazione di un opera sinestetica (esiste questa parola?) quanto la creazione di una personale opera d’arte; morire infatti è quasi impossibile…anzi; esiste anche una storia, se così vogliamo chiamarla, è in altre parole l’evoluzione del nostro alter ego che da ominiide stilizzato (anch’esso vettorialmente) che tramite alcuni bonus può “evolvere” fino ad essere organico per poi trascendere il significato stesso di corpo e mutare in una forma eterea superiore. A riprova di questo la parte finale del “gioco” ed il filmato conclusivo sono una piccola storia dell’evoluzione sulla terra.
Ma come riesco a creare in un videogioco? Il giocatore andando avanti per i cinque livelli (con dieci capitoli ciascuno) di cui è composto il gioco può creare una melodia uccidendo i vari “nemici”… come? vado a spiegarmi:
Come sottofondo esiste una melodia elettronica di base, ma ad ogni “nemico” distrutto si aggiunge un suono, quindi in base al modo e alla velocità di distruzione degli avversari si creerà sempre una melodia diversa.
Vista la possibilità di lock sui nemici (ovvero la capacità di sparare e distruggere contemporaneamente più sentinelle da uno fino ad un massimo di otto) e considerato che anche in base alla quantità di rivali esplosi si ha un diverso suono va da sé che anche volendo creare la stessa melodia più volte è praticamente impossibile.
A questo va inoltre ad aggiungersi la parte visiva infatti sopra un layout di base stilizzato e vettoriale ma ammaliante raffiguranti per ogni schema alcune grandi civiltà della terra India, Egitto,Cina, ecc.. si andranno ad aggiungere dei giochi di luce e dei colori con lo stesso sistema dei suoni..
E il tatto? È stato considerato anche quello! Come? In maniera piuttosto “originale”.
Oltre all’implementazione della funzione di vibrazione del joypad (in concomitanza di suoni, luci o colpi subiti il joypad vibra) è stata creata un periferica a hoc ovvero il Trance Vibrator “dimostrazione di come il gioco elettronico sia un insieme di pratiche ludiche che in alcuni casi riescono realmente a coinvolgere i sensi, trasportare in dimensioni sfumate, costituire e mantenere situazioni a potenziale erotico, con annesse e connesse triangolazioni assortite”.



Ecco il Trance Vibrator in tutto il suo splendore, e le celebri immagini del sito GameGirlAdvance, in cui una utente mostra il "corretto uso" del Trance Vibrator mentre il suo ragazzo gioca a Rez.
Al giocatore è lasciata quindi la possibilità di crearsi la propria colonna sonora e la propria “tela virtuale” esprimendo come meglio non si potrebbe il concetto stesso di sinestesia (vabbuò per il gusto potete mangiare un panino con la mortadella …).
Gli stessi creatori del gioco (anche voi avete intuito che è riduttivo se non errato chiamarlo così?), in barba al buon senso e facendosi beffe dei tipici consigli dei genitori, consigliano nella schermata principale di giocare a luci spente ed di utilizzare le cuffie per poter tenere il sonoro del gioco molto alto; perché questo? Per aumentare ancora di più il senso di immersione che deriva da questa esperienza di gioco.
Il mio consiglio è di provare questo gioco, perché è impossibile spiegarlo se non molto sommariamente, ma d’altro canto la stessa catalogazione del gioco per le riviste e per gli addetti al settore è molto difficile (music game?, puzzle?, shooter? Ecc…).
Chi l’ha potuto provare ha trovato molte belle definizioni come:
“Questo è più di un gioco, è un’esperienza religiosa” (utente di www.gamefaqs.com);
“Non solo un gioco, ma un’opera d’arte dinamica” (utente di www.gamefaqs.com);
“In Rez il nostro alter ego compiendo il suo viaggio iniziatico attraverso un cybermondo metafora della vita, ondeggia tra le condizioni di perfezione evolutiva e regressione involutiva” (utente del forum www.forumeye.it).
“Lo Zero Ludico” (redattore di www.thefirstplace.it) ridendosi al fatto che il gioco non offre una sfida come invece ordinariamente accade unita al fatto che il gioco si può sommariamente completare senza difficoltà in poco più di due ore e mezza.
Effettuando una semplice ricerca su internet troverete che molte persone parlano di questo gioco (continuo a chiamarlo gioco semplicemente per il fatto che gira su console) come la più vicina forma d’arte presente nell’industria videoludica, ma molte persone, forse proprio per questo mal sopportano questo gioco.
Io, come penso sia molto chiaro, appartengo alla prima categoria.
Può essere quindi questo gioco paragonabile ad una forma d’arte, di nuovo tipo visto il bisogno necessario e obbligatorio di interagire del fruitore?
È l’evoluzione del concetto stesso dell’astrattismo? Ovvero dove ognuno interpreta l’immagine (in questo caso anche il suono e perché no anche il tatto) per dare una personalissima interpretazione dell’opera?
Oppure un’opera d’arte è tale perché immutevole nel tempo e quindi Rez ne resta inesorabilmente fuori?
Chissà in futuro quest’opera verrà ricordata come il primo coraggioso tentativo di crossover (scusatemi ma è un po’ di tempo che sognavo di usare questa parola) tra diverse mentalità di concepire i modi per esprimere un’idea, un concetto o per far provare alle persone nuove sensazioni.
Ciao